giovedì 21 gennaio 2010
Biografia e note critiche
Rocco Amato
E’ nato a Milazzo (Me) ove risiede. Ama molto la poesia; il continuo contatto col mare e la natura ha alimentato in lui, già notevolmente e tendenzialmente sensibile a quest’arte, l’ispirazione a comporre. Manifesta in versi il suo pensiero, penetrando in profondità nell’animo altrui ma, attingendo alla propria profonda genuina spiritualità. Ha ottenuto vari e prestigiosi riconoscimenti: “Menzione speciale” alla VI edizione del premio nazionale dedicato a Luigi Pirandello;
1° posto, nella sezione inediti, alla VII edizione del Premio nazionale di poesia “R. Piccolo”; si è distinto particolarmente al Premio internazionale “Garcia Lorca” Spagna, e in altri Concorsi nazionali e regionali. Organizza spesso recital di poesie e convegni culturali con la collaborazione di altri poeti
Poesie
A mio padre
Come una cometa
che lascia una traccia indelebile
e infonde la luce nel pascolo dell’amore,
così ti vedo, oh padre!
Amore dentro di te,
nel modo di essere nel giusto,
di resistere al male che ci circonda e assilla.
Con una grande generosità e umiltà,
hai percorso la strada della fatica,
infondendo il rispetto e i valori più veri.
Odo ancora il profumo del grano,
emanato dai tuoi panni candidi,
tra il rumore delle macine
di un vecchio mulino,
che andava a rilento,
scandendo il ritmo della vita.
E ritorno a ritroso nel tempo,
quando fanciullo, brillava in me
un’infanzia di spensieratezza,
velata però da un triste presagio.
Ero sempre nel tuo pensiero
e il tuo sguardo, amorevole,
mi vegliava senza riposo,
dandomi la forza e il sollievo,
destando in me la voglia di cercare il percorso
verso la speranza di mete migliori.
Insieme
Spira, stanco il vento, dello Spirito,
e lambendo, mesto la realtà,
ammantata di lunghe ombre oscure,
tutto il Bene e il Male dell’afflitta Terra…
Percorriamo insieme i sentieri dell’incertezza,
per placare l’ira del Male angosciante ,
cercando l’amore, la vita e la gioia,
approdi sicuri d’un mondo più giusto.
Noi solitarie Stelle, pellegrine dell’esistenza,
tendiamo la mano alla luce dei nostri sogni,
stringiamoci attorno al respiro del mondo,
in un unico afflato, che ci unisca per sempre .
Segreti
Dominano avidi di silenzio
i miei segreti,
generando pensieri
chiusi dal limite
invalicabile dell’inconscio.
Dominano
seppur nella luce del giorno,
il fragor della vita
ne attenua la stridula voce.
Di notte di contra
al chiaror della luna
il genio ribelle
innalza il suo grido
che inonda il mio animo,
affogando il mio io.
Verità nascosta
Ascolta il fragore dei tuoni
che irrompono sulla nuda terra
irta di odio e sofferenze,
sgorgate da menti annebbiate
da una lucida follia.
Vivere nel glaciale silenzio
il supplizio di una verità nascosta,
logora nel tempo
il valore affermato
da un’etica senza perdono.
Ascolta la tua voce,
che ti dà la forza di sopportare
quello che non puoi cambiare
e la saggezza di superare
quella linea sottile,
tesa sull’orlo del precipizio
nell’angusta frontiera
del bene e del male.
Le ragioni del cuore
Sotto un cielo annebbiato
accendo il lume dei pensieri,
che mi trascinano lontano,
nell’ignoto mondo della miseria.
Osservo con tenerezza immane
la dura vita di quell’esile creatura,
fragile, oppressa dalla sofferenza,
dal peso degli affanni,
abbandonata in quell’angolo
sotto un’oscillante lanterna,
mendicando sogni e amore,
tra i colori del nulla.
Trapassata dal suo incanto,
senza sorrisi,
intrisa di ombre e solitudine
guardava con le mani tremolanti
quel cielo terso,
sfiorito dal volo degli angeli,
che ne abbracciavano lo spirito
in una stretta d’amore
e la speranza si posò su di lei,
lievemente accarezzando, pietosa,
l’invisibile anima.
Il silenzio nel cuore
Quell’esile vagito irrompe nella stanza,
e la vita cancella ogni affanno,
la realtà che si copre d’incanto…
Un prodigio che investe ogni cuore.
L’innocenza di bimba si specchia
su un volto di madre
e il silenzio degli occhi,
bagnati di pianto,
lascia il posto al sorriso più dolce…
Tutto quanto ormai è mutato
in un vortice di gioia,
in un amore così grande,
che illumina la vita.
Cresci, fanciulla, cresci!
Corri verso un mondo meraviglioso,
percorri i sentieri dei desideri,
gioca sull’erba intrisa di rugiada,
e sfuggi la polvere dell’incertezza,
che ne ostacola il cammino…
Respira la forza dell’amore,
nùtriti della luce degli astri,
ascolta le onde del mare,
che ti cullano,
portandoti verso isole di sogno.
Osserva la falce di luna,
che illumina il profondo delle tue notti,
guidandoti al Sole del nuovo mattino.
Dimensioni dell’anima
Odo il sospirare
dell’Immortal Natura,
fonte di mirabile energia,
ove scorre lieto,
tra gli odorosi sentieri,
l’ululato del vento,
che spira tra i monti,
sperduti nell’infinito incanto.
Vivi e gioisci del giardino
segreto del Creato,
che rende all’anima
la dimensione dell’Assoluto,
impulso alla vita
lungo il lieve confine,
ove l’ombra cupa si muta
in luce e toni,
visione onirica
dell’unica realtà possibile.
Sposi
Eterea in una nuvola di velo bianco
sei apparsa sul sagrato della Chiesa,
gli occhi ridenti di gioventù,
ma umidi di commozione,
lasciavano permeare
gioia per le lusinghe delle belle ore future
e tristezza per il passato ormai alle spalle.
Ma tosto all’udir della soave Ave Maria,
in un’aura di fervente amore,
i pensieri dolci e amari, placatisi,
hanno ceduto il passo alla gaiezza piena,
e, mentre il tuo viso si stagliava contro l’altare
di rutilanti colori acceso, hai detto sì.
Sì, per l’amore.
Tra carezze e baci,
in un crescendo di dolce passione,
mai paghi l’una dell’altro.
Sì, per la vita.
Vivere insieme attimo per attimo
e superare le incertezze del futuro,
sorreggendo in due la catena della vita
troppo pesante per essere portata da soli.
Orsù il futuro è lontano,
solo alla gaiezza dell’oggi pensiamo,
pertanto alla gioia per ora vi esorto,
poiché un segnale di vita io vi porto.
Alle suddette righe
mi sembra giusta cosa
aggiunger per congedo, come chiosa,
un’ultima e augural rima giocosa:
io faccio a questi sposi, tre perle, fiori e gigli,
l’augurio più affettuoso di numerosi figli.
Melania
Melania,
ieri erano giochi di bimba,
corse gioiose sulla sabbia.
Ora, sono passi di donna,
versi di luce, non rime
racchiuse in polverosi libri.
Orizzonti di fuoco
su spiagge di sogno
tra cielo e mare.
Filamenti del tempo
si ricompongono
tra le pause degli anni.
La tua età si schiude
come un fiore
e i petali d’oro
germoglieranno rigogliosi e forti
negli anni che verranno.
Fanciulla, godi questo tempo con gioia,
ruba l’arcobaleno con i suoi colori
e la luna ti sarà sempre amica,
in quest’isola di eterna primavera.
La cruna nell’ago
I tuoi pensieri di casta fanciulla
aleggiano tra i monti
e si perdono
nelle alte quote della memoria,
cercando nell’anima,
la forza di un desiderio mai realizzato.
La vita è come un esile filo
che passa lento
attraverso la cruna dell’ago,
consumandosi nella gioia e nel dolore.
Il tempo medita
i suoi celati giorni e ti accompagna
alla scoperta di nuove emozioni,
riflessi dorati intravisti
al chiaror dei tuoi sogni.
Odi, nel respiro del creato,
il fievole soffio
che ti spinge all’amore,
mentre intorno a te il silenzio ancestrale
si muta in suoni e colori,
inondandoti del profumo della vita.
L’altra metà del cielo
Armonie di suoni soffusi
nelle calde sere d’agosto,
note alternate
dagli allegri schiamazzi
che provengono
da lontane balere.
Quante volte ascoltai
quel fragore
foriero dell’anima mia,
illusione irraggiungibile
delle cose perdute e ritrovate,
meta agognante
del desiderio più effimero.
Vorrei che discendesse il silenzio
nelle feconde notti d’agosto,
che la quiete vegliasse
sul mio placido sguardo
rivolto verso l’altra metà
del cielo trapunto di stelle.
La luce dopo l’ombra,
la gioia dopo il dolore,
flebile confine,
figli di sentimenti ormai sopiti
nelle lontane maree.
L’innocenza in un sorriso
a Simone
So da dove vieni,
mio piccolo fiore
di primavera!
Giunto da un paese incantato,
dove le lucciole
emanano un tenue chiarore
che rischiara le cose
di una luce irreale
e i fiori aprono
le loro corolle
al tiepido sole del mattino.
So da dove viene
quel tuo dolce sorriso di bimbo,
che si schiude
sulle tue labbra,
segno di speranza e di serenità.
Tu sei nel cuore
di mamma e papà
tacito dono di amore
e di grande bontà.
Una vita
Esaudito
sarà il tuo sogno
di un amore già
sbocciato.
Nel tuo grembo
già bisbiglia
una voce di fanciullo,
come il seme tra le zolle
che germoglia
al primo sole.
Inno alla vita
Passano i giorni
passano gli anni.
Ecco la vita
è un dono per te.
Fermare il tempo
è utopia,
guardare avanti
solo poesia.
Gioia e dolore
la vita ti dà
e solo segno
di grande viltà.
Non tristezza
ma solo allegria
per questo mondo
ricco di magia.
Tra fantasia e realtà
questa è la vita che se ne và.
Tutto promette con lealtà
e tutto toglie senza pietà.
Gli alberi della vita
Erano gli alberi della vita,
testimoni dei miei ricordi,
estirpati da mani senza scrupoli,
cancellando i sogni che seguivano
l’incertezza dell’esistenza.
Udivo l’agonia e il lamentarsi,
mentre tagliavano gli arti.
Erano lì, sempre,
d’innanzi al mio sguardo,
ed io crescevo con loro,
felice di poterli toccare:
a breve distanza da quel limite
che seguiva l’immensa distesa verde,
confondendosi con la luce nel sole
che si struggeva tra i folti rami,
accarezzati dalla brezza marina.
Camminavo, sognandoli,
in quello spazio senza confine,
mi vidi bambino a giocare all’ombra
delle alte chiome, là… dove mi accorsi
che la vita, mi sfuggiva inesorabile.
Desiderio di vivere
Una sera d’inverno
l’aere era cupa e fredda
il vento turbinoso
sfiorava l’irte foglie
e il fruscìo della pioggia
sentii battere
nel sommo della mia dimora.
Sto in una stanza chiusa
nel profondo delle tenebre,
seduto immobile
con le mie sofferenze.
Accanto una candelina
che arde lentamente, nel silenzio
il ticchettare della sveglia
come un battito del cuore.
Nella notte mi assopisco
in un sogno profondo
e come per magia mi ritrovo
a correre tra i campi sterminati.
Il sole si era levato dietro
le cime del monte,
il cielo intorno cominciava
a tingersi di color azzurro.
L’alba avanza
ed il sole emana i suoi raggi
su distesi campi di grano
che oscillano dolcemente
al soffiar del vento.
Gli uccelli cinguettano
tra i fiori nel mio giardino
che emana un profumo
di zagare e ginestre.
Io ritrovo
in tutto questo vigore
una nuova gioia
in una vita migliore,
per continuare a vivere
sopra un’altalena di sogni.
Frenesia d’estate
Ti ho visto fremente scivolare
nel fascio luminoso,
prima del tramonto
e poi scomparire
là dove corre la mia anima,
oltre lo spazio lineare dell’orizzonte.
ondeggiante al primo soffio del vento,
e luccicante al sole del giugno odoroso.
nel buio della notte
e le tacite stelle
scendevano sul campo volteggiando
come note danzanti tra le spighe di grano.
Voi rivivete languide nei miei sogni,
desideri del giorno,
che si mutano in immagini inebrianti,
ma si spengono, diradandosi
ai primi bagliori dell’alba,
mentre tutto muore,
dentro la luce del giorno.
Il mare
Possa io udir il suo richiamo
ed esultar bramando al suo respiro.
L’odor di salmastro
il cor mi desta
e per l’aer s’effonde.
giovani anni,
di quel sogno antico
di pirati e galeoni
che navigavano verso la rotta
con le vele al vento spiegate.
a mirar s’appresta di quel
maestoso ceruleo mare,
che esuberante, discende disteso,
come un’ombra che egli ha reso
e tanta luce, che
opalescente traspare
nell’infinita volta celeste.
Quel tramonto lambisce,
all’orizzonte si distrugge nel silenzio
dentro la sera.
Lenta agonia dei pescatori
che all’ultimo colpo di remo
approdano sulla muta spiaggia
ha fine, lasciando qua e là
una scia di luce di lampare
ondeggiar sull’acque ombrose.
rifulgente chiaror nel firmamento
e illumina la via degli operosi uomini.
E tutto si ripete, in un’ apoteosi
di luce e di colori
come il fremito gioioso della vita.
Il silenzio avvolge il mistero,
mentre lontano appare il sereno
ed io affondo i miei pensieri più cupi
nella profondità degli abissi marini.
Angonia
Al Rais Tommaso Salmeri
Cerco con lo sguardo il mio passato,
di quel tacito loco a me sì caro,
ove ancor odo il profumo della mia infanzia.
Come dimenticare i tanti ricordi
che, come mosaici, si convogliano nella
mia mente.
E’ dentro di me quell’angolo di terra,
suprema forma, posto tra le verdi
colline e il solfeggiare del mare.
concitate voci, in cui l’eco inondava,
scorrendo a fil dell’acqua, per poi
infrangersi per tutta l’odorosa
terra d’Angonia.
Quelle voci conducono i miei pensieri
ad altri tempi, quando gli agili
pescatori formavano il ponte di
barche, a completar la mitica mattanza.
Epilogo della lenta agonia della
preda era la camera della morte,
ove l’acqua tinta di rosso,
schiumava tra le maglie delle reti.
Solenni gesti di una viltà
appagata in questa civiltà ove
vige la legge della sopravvivenza.
Al calar del sole, la luccicante
striscia di luce accarezzava le
onde del mare e scemava verso l’imbrunire.
I pescatori levavano le reti e
col volto affranto di fatica
elevavano una nenia di preghiera,
e a passi lenti ritornavano
alle loro dimore.